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Supporto Audio

Elena di Euripide è un classico che rivive in una nuova dimensione fatta non solo di scene e dialoghi ma è supportata potentemente dal suono affidato ad apparecchiature elettroniche. I movimenti, le frasi, e financo i silenzi della recitazione sono scanditi da suoni ispirati a eventi naturali quali la pioggia o il vento che si armonizzano con immediatezza e precisione con gli altri suoni già presenti nello spettacolo. Nelle scene più importanti il suono, generato in tempo reale e calibrato al gesto degli attori, ne amplifica il significato e la drammaticità. Un breve flash interpretativo [sbandieratore] viene con il suono elettronico trasportato ai giorni nostri dando alla tragedia un’improvvisa attualità.

Parole chiave

Suono, Gesti, Elettronica, Legami

Crediti

Giulia Costantini (@gggggggggiulia), Francesco Lodovici (francescolodovici), Stella Azzolin (@Stellaaa13)

Icona dell'intervento

Immagine di copertina

Copertina github


Concept design

Prime lavorazioni e proposte

Durante la fase iniziale, insieme al regista, è stato effettuato uno studio approfondito del copione, da cui sono emerse cinque tematiche chiave: la morte, i legami (connessioni), il dualismo, il mare, il divino. Successivamente, ci siamo suddivisi in gruppi tematici, ognuno incaricato di sviluppare uno dei concetti emersi. Il nostro gruppo si è focalizzato sul tema dei legami.

L’attività è proseguita con un’analisi drammaturgica: sono stati individuati i punti in cui i legami tra i personaggi emergono, valutandone la natura (affettiva, conflittuale, spirituale) e l’intensità espressiva (su una scala da 1 a 5). È stato osservato come la tematica delle connessioni, pur non sempre centrale, accompagni costantemente l’evoluzione narrativa. Di conseguenza, si è deciso di progettare una modalità di rappresentazione non invasiva ma persistente.

Analisi dello spettacolo

La riflessione si è poi concentrata sul concetto stesso di “legame”, inteso come forza invisibile e relazionale tra corpi, azioni, pensieri. Inizialmente si è ipotizzato l’utilizzo di un oggetto mediatore fisico (corda o telo) da impiegare in scena per rendere visibili le connessioni. L’idea era che tale oggetto potesse essere trascinato, intrecciato, teso o lasciato cadere durante la rappresentazione, rendendo immediatamente visibile la presenza o l’assenza di un legame. Tra le ispirazioni concettuali vi è stata anche l’installazione Rest Energy di Marina Abramović, dove il corpo dell’altro è parte vitale di un equilibrio sospeso e fragile. Tuttavia, pur apprezzandone l’efficacia visiva, si è concluso che l’impiego di un oggetto fisico avrebbe potuto risultare limitante per gli attori, compromettendo la fluidità dell’azione scenica e introducendo difficoltà tecniche non sostenibili, trattandosi di interpreti non professionisti.

La ricerca è quindi proseguita verso una soluzione più astratta: l’uso del suono come manifestazione sensibile e concreta della connessione. L’intento era quello di produrre un segnale acustico specifico in corrispondenza del contatto tra attori, distinguibile e non armonico, in grado di evocare una sensazione di tensione o legame, simile all’uso ricorrente del suono nel film Solaris.

In questa fase si è individuato lo strumento Touch Me, prodotto dalla community Playtronica, che consente la generazione di suoni attraverso il contatto tra corpi conduttivi. Questo dispositivo ha rappresentato un punto di svolta, permettendo l’attivazione sonora tramite il semplice tocco tra due o più persone collegate a un circuito aperto.

Dopo una serie di test, è emersa l’idea di sfruttare un elemento presente nella messa in scena: gli attori recitano scalzi. È stato quindi pensato un sistema conduttivo sul palco mediante nastro adesivo in alluminio, così che il contatto tra attori posizionati sopra il nastro generasse un suono, rendendo il legame percepibile a livello acustico senza interferire con la recitazione.

Esplorazione e co-design

In una fase successiva, le proposte elaborate dai vari gruppi tematici sono state messe a confronto e integrate, in un processo di co-design. L’obiettivo era ottenere una coerenza estetica e narrativa sull’intero spettacolo, senza sacrificare l’identità delle singole idee.

Collaborando con il gruppo Morte abbiamo identificato un elemento unificante negli stendardi scenici progettati. È stata proposta una reinterpretazione funzionale degli stessi, trasformandoli in strumenti sonori interattivi, capaci di rappresentare simultaneamente il mare (attraverso il suono) e il legame (attraverso il gesto).

Si è scelto di non coinvolgere direttamente gli attori nel controllo dello strumento, ma di assegnare il ruolo attivo agli oggetti scenici stessi. Gli stendardi sono stati avvolti con nastro conduttivo e progettati per interagire con il sistema posto a terra, in modo tale che la pressione o il gesto delle dita su di essi potesse generare un suono specifico, in funzione del tipo di contatto.

Questa soluzione ha permesso una maggiore integrazione tra i temi, facilitando la gestione tecnica e garantendo un impatto visivo e sonoro coerente. Gli stendardi sono diventati così oggetti narrativi polifunzionali, capaci di evocare la presenza del mare, la fragilità della morte e la tensione del legame umano in un unico gesto performativo.

Prototipazione

La fase di prototipazione si è concentrata sulla fattibilità tecnica e performativa della nostra idea, con l’obiettivo di realizzare un sistema sensibile sul palco che fosse funzionale, comprensibile al pubblico e non invasivo per gli attori.

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Abbiamo iniziato a testare in aula l’utilizzo del nastro adesivo conduttivo in alluminio, simulando le condizioni del palco teatrale. Sono stati effettuati diversi esperimenti a varie distanze per verificare la costanza del segnale elettrico lungo la superficie conduttiva. I test hanno confermato che il sistema funzionava in maniera stabile anche su lunghezze maggiori, mantenendo invariata la risposta del sensore.

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Parallelamente, ci siamo interrogati su come rendere il suono riconoscibile e comunicativo: il nostro obiettivo era che il suono generato fosse percettibile, distintivo e chiaramente associabile al gesto dell’interazione, senza sovrapporsi agli altri elementi sonori dello spettacolo (voci, musiche, rumori di scena). È stato deciso di non utilizzare melodie definitené suoni armonici, ma piuttosto rumori grezzi e irregolari, così da sottolineare l’aspetto “istintivo” e corporeo del legame.

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Un’ulteriore sfida riguardava la leggibilità scenica dell’interazione sonora: era necessario che il pubblico comprendesse visivamente da dove provenisse il suono e quale gesto lo attivasse. A questo scopo, è stata consolidata la collaborazione con il gruppo di lavoro sulla tematica della Morte, che aveva progettato l’uso di stendardi scenici.

La soluzione condivisa è stata quella di trasformare gli stendardi in strumenti sonori performativi. Abbiamo stabilito che tre studenti, selezionati tra i nostri colleghi, avrebbero assunto il ruolo di esecutori: sarebbero stati incaricati di tenere e "suonare" le bandiere durante lo spettacolo. Il suono sarebbe stato attivato attraverso il contatto tra la parte conduttiva del bastone e le superfici conduttive presenti sul palco, seguendo l’approccio già sperimentato con il dispositivo Touch Me.

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Abbiamo quindi lavorato per definire una grammatica dei gesti adatta all’ambito teatrale e coerente con l’estetica della rappresentazione. Sono stati individuati movimenti chiave capaci di produrre una dinamica sonora leggibile e significativa:

  • Alzare e abbassare lo stendardo con ritmo controllato,
  • Oscillare la bandiera avanti e indietro,
  • Accarezzare la superficie frontale del telo con la mano,
  • Spingere il telo da dietro con la mano per modificarne la tensione.

Questi gesti, combinati alla presenza del suono, avrebbero così contribuito a una narrazione visiva e uditiva del legame, rendendo percepibile una forza invisibile, coerentemente con il concept originario. La bandiera, da elemento decorativo, si sarebbe così trasformata in interfaccia sensibile e strumento performativo, ponte tra corporeità, contatto e suono.


Il progetto audio finale

Intro

Il progetto propone una sonificazione dei movimenti degli stendardi. Questi infatti, da icone dorate robuste e stabili, si trasformano in veri e propri strumenti musicali. Gli attori suonano questi strumenti impugnandoli, agitandoli o facendoli oscillare. L’obiettivo era quello di amplificare il movimento, la gestualità degli attori-sbandieratori attraverso vari suoni.

Modularità (Funzionalità)

Il tutto è stato pensato per essere in un certo senso modulare, adattabile e modificabile. Questo aspetto è stato fondamentale, infatti nella realtà del teatro è consuetudine cambiare spesso versioni, movimenti, luci. Tutto è in divenire, e così doveva essere anche il nostro contributo sonoro.

L’ultima versione del progetto si è concretizzata effettivamente solo nel momento di arrivo al teatro. Avevamo stabilito una struttura di base, uno scheletro, che poi avremmo adattato e completato in loco, a seconda delle direttive di Giorgio, ma anche delle necessità del team dei tecnici.

Gli elementi fondamentali del progetto erano gli stendardi, uniti ai movimenti degli attori, e il suono, che abbiamo preparato e approfondito nelle ore di lavoro del corso. A questi due elementi di base si potevano poi aggiungere altri sistemi, quali per esempio un circuito costruito tramite nastro conduttivo, per portare il segnale in tempo reale dalle mani degli attori al nostro computer di regia.

Suoni

Una nota importante riguarda la natura dei suoni scelti, che sono di due tipi. Il primo, quello più utilizzato durante lo spettacolo, è il suono del mare. Gli stendardi, infatti, cambiano significato durante il corso dello spettacolo, in particolare diventando anche delle vele. Il nostro intervento trasforma questi oggetti di scena in strumenti marini che suonano le onde e il vento. Il mare e l’acqua hanno un legame profondo con i temi chiave dello spettacolo, per questo è stato importante per noi dare un ruolo acustico a questi elementi.

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Il secondo suono ha un ruolo diverso, quello di trascinare lo spettatore in una dimensione alternativa, onirica, di un mondo altro. Siamo partiti da un sintetizzatore che abbiamo elaborato per ottenere una sorta di campana del vento, difatti il risultato è dato dalla stratificazione di due suoni. Questo strumento si attiva solo una volta nello spettacolo, non ha un ruolo di accompagnamento, ma è piuttosto il protagonista di una piccola scena, pensata con l’attore-sbandieratore come unica figura sul palco, che intona un assolo. Nell’ultima parte della scena il suono si distorce, quasi a simulare l’amplificatore di una chitarra elettrica.

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Tecnologia

La tecnologia utilizzata nella versione finale è composta da Ableton Live e due controller MIDI in regia (Launchkey Mini MKII e Launchpad MK2). Il tutto si è basato su interventi realizzati in diretta dalla postazione a lato del palco, questo ci ha permesso di avere controllo contemporaneamente sulle tracce musicali [pensate precedentemente dal regista] e sui nostri suoni.

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Risultati

Il risultato è stato un setup semplice, composto da pochi elementi, che ha conferito una performance scorrevole, intuitiva e pulita. Nonostante l’assenza di un circuito che concretizzasse l’idea di generare il suono direttamente dal contatto con gli attori, il risultato raggiunto ha conferito al pubblico la sensazione che il suono fosse effettivamente provocato dagli stendardi-strumenti.


Live session

Foto e video

Giulia Console

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Commento e conclusioni

Il processo di progettazione e realizzazione del contributo audio ci ha portato ad una maggiore consapevolezza delle dinamiche del teatro. Infatti, nel nostro caso più che in altri, è stato necessario un dialogo continuo con il team dei tecnici audio.

Nonostante inizialmente ci saremmo aspettati di occuparci unicamente di restituire i suoni in determinati momenti dello spettacolo, il lavoro ha preso una piega diversa nel corso delle prove in loco. Il compito finale svolto è stato quello di un vero e proprio tecnico del suono, dal montaggio della nostra attrezzatura in regia, al collegamento con l'impianto del teatro, fino alla riproduzione delle tracce musicali durante lo spettacolo.

Inoltre, nonostante il piano iniziale di creare il circuito elettronico con il nastro conduttivo e il dispositivo Touchme, il suono finale è stato riprodotto "manualmente" dalla regia, per necessità di semplificazione della parte tecnica.

In conclusione, si capisce come a supporto di un progetto debbano esserci sempre diverse alternative pronte. Inoltre abbiamo visto come la parte tecnologica, che è quella che nasconde più sfide pratiche da superare, a volte possa essere semplicemente sostituita da un lavoro manuale fatto dal vivo, e come questa soluzione possa essere di fatto la più conveniente.


Bibliografia

  • Levin, G. & Brain, T. (2021). Code as Creative Medium: A Handbook for Computational Art and Design. The MIT Press.
  • Reas, C. & Fry, B. (2020/2nd ed.). Processing: A Programming Handbook for Visual Designers and Artists Hardcover. The MIT Press.

Sitografia